Novembre 16, 2023 Manuela Scherillo

Indi Gregory e la sua malattia

Indi Gregory è stata uccisa, con la scusa di un fantomatico ‘miglior interesse’, da un sistema sanitario e legale, quello inglese, impregnato di barbara cultura eutanasica, che ha rifiutato anche solo di tentare la differente proposta medica e clinica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, soffocando così l’amore dei suoi genitori nelle aule di tribunale. Dean, il padre di Indi, ha detto che lui e sua moglie sono pieni di vergogna. Oggi tutti siamo pieni di vergogna perché ci troviamo in una ‘modernità’ che, con un assurdo e falso concetto di ‘pietà’, sopprime, uccide e scarta deboli e indifesi. No! Noi a questa cultura di morte non ci stiamo e non ci piegheremo mai!”. Sono le parole di Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus. L’associazione – insieme a Simone Pillon, avvocato della famiglia in Italia – ha mobilitato il Governo italiano per fare avere la cittadinanza alla bambina.

 

Ma era davvero necessario staccare la spina? In cosa consisteva la malattia di Indi? E perché il Bambino Gesù di Roma voleva prenderla in cura?

Indi Gregory e la sua malattia

 

Indi era una bambina inglese di 8 mesi affetta da una sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, per la quale il Governo inglese ha sentenziato la pena di morte.

 

La piccola ha lasciato la vita terrena nella notte tra il 12 e il 13 novembre. All’1.45, ora inglese. Ha perso la vita in quanto, per decisione del Governo inglese, è stata staccata la spina al macchinario che la teneva in vita. Quello stesso macchinario che l’aveva tenuta viva al Queen’s Medical Center di Nottingham, ospedale del Regno Unito in cui era nata, il 24 febbraio 2023.

 

Ma cosa sarebbe accaduto se la spina non fosse stata tolta? 

La malattia di cui era affetta Indi, con molta probabilità, la avrebbe tenuta in vita per pochi anni. E sotto cure mediche continue. Ma la avrebbe fatta vivere ancora un po’. Seppure con gravi sofferenze, come l’epilessia, che colpisce solo i casi gravi come il suo.

L’aciduria combinata D,L-2-idrossiglutarica, questo è il nome completo e scientifico della malattia che aveva la bambina fin dalla nascita, è una malattia progressiva. Se presa in forma lieve provoca debolezza muscolare, alle gambe e braccia. Nei casi più preoccupanti può provocare, oltre alle crisi epilettiche, anche insufficienza respiratoria, ritardo nello sviluppo e malformazioni.

Ad approfondire l’argomento con la stampa è stato il genetista Giuseppe Novelli dell’Università di Roma Tor Vergata, che è stato intervistato dall’Ansa. “E’ una malattia mitocondriale rarissima, per la quale al momento non c’è una cura e con una limitata speranza di vita, anche con una terapia di supporto”.

 “Al momento è una malattia fatale e un domani una possibile soluzione potrebbe essere nella terapia genica”, ha spiegato ancora Novelli. “Sono in corso i primi test su una malattia simile, ma siamo a livello sperimentale e la strada è ancora lunga”. 

Il Bambin Gesù di Roma voleva curare la bambina

 

Nonostante la gravità della malattia, i genitori di Indi Gregory avrebbero voluto averla con loro ancora un po’. Speravano di poter risolvere almeno parzialmente i suoi problemi, così da dare la possibilità alla bambina di tornare a casa sua. Di trascorrere un po’ di tempo in famiglia. Per questo motivo si erano rivolti all’Italia. Cercando nel nostro Paese la possibilità di curare la loro piccola. Di poterle dare ancora una chance. 

E l’Italia aveva accettato. O meglio, il nostro Governo aveva accettato, prendendo la decisione in pochi minuti dopo essersi accertato della disponibilità dell’ospedale di Roma “Bambino Gesù”. 

 

Ma qual era il parere dell’ospedale pediatrico di Roma? E perché aveva accettato di prendere in cura la bambina? C’era qualche speranza per lei?

 

In realtà il suo destino era già segnato fin dalla nascita. Il Bambino Gesù di Roma non ha mai smentito la diagnosi, né la terapia adottata nel Regno Unito. L’unica differenza sta nell’approccio. Nella volontà di offrire cura e sostegno a chi ne ha bisogno, al di là dell’esito finale. Nel voler donare appoggio e conforto alla bambina, sì, ma anche ai suoi genitori che stavano vivendo un momento drammatico. Due ragazzi, Claire Staniforth e Dean Gregory, di 35 e 37 anni. 

 

Possibilità che i giudici inglesi hanno negato. E che in verità anche la malattia non avrebbe reso possibile, perché una volta staccati i macchinari Indi non avrebbe probabilmente resistito fino al suo arrivo in Italia.

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